Notte al Molare con Agogé

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Molare di Monte Faito, 23-24/08/2016 – Stavolta ci ho quasi lasciato le penne. E devo dire che ne sarebbe valsa in ogni caso la pena.  Perché lo spettacolo che si ammira dal “Molare“, vetta più alta dei Monti Lattari (1444 m), è unico e ineguagliabile.

Persuaso da un volantino dell’associazione Agogé (sitopagina facebook), che pubblicizzava un’escursione serale al Molare di Monte Faito, con tanto di grigliata, tramonto, lezione di astronomia, pernottamento sotto le stelle e alba inclusi, non ho potuto resistere alla tentazione di unirmi alla truppa e partire verso questa nuova avventura.
Conoscevo già bene il Molare e ci sono stato diverse volte, in solitaria o in compagnia di alcuni valorosi, ma l’esperienza in notturna mi era del tutto nuova. Così, insieme a un gruppetto di amici, sono partito alla volta del Monte Faito.

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Appuntamento al Bar Belvedere, ore 17.30. Facciamo la conoscenza dei membri dello staff Agogé, tra cui Domenico Buonocore, militare, esperto di sopravvivenza e astrofilo. Attendiamo gli ultimi partecipanti e ci dirigiamo verso l’imbocco del sentiero. La passeggiata mi fa sudare e mi preoccupo del caldo, ignaro che di lì a poco avrei dovuto temere un nemico ben peggiore…

Giunti alla base del Molare, in un punto più riparato, Domenico ci istruisce sul da farsi. In breve, viene messo su un vero e proprio accampamento. Ci liberiamo della zavorra superflua e ci prepariamo alla salita. L’ultimo tratto per raggiungere la cima del monte è piuttosto impervio e non propriamente adatto ai deboli di cuore e a chi soffre di vertigini. In compenso, la vista da lassù è davvero mozzafiato. Una volta in cima, veniamo ammaliati dalla bellezza del paesaggio circostante, un vero e proprio scorcio a tutto tondo che va dal Golfo di Salerno a quello di Napoli, Vesuvio e isole inclusi. La splendida terrazza sui Monti Lattari ci regala uno romantico tramonto, che purtroppo sono costretto a godermi senza la mia dolce metà.

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Inizia a incalzare un freddo inaspettato e torniamo giù al riparo, per la cena. Domenico, Federico e altri volontari preparano un fuoco da campo, sfruttando la legna di rami e tronchi già caduti e rinsecchiti. L’impresa si rivela più ardua del solito, a causa del vento che non ci dà tregua nemmeno laggiù. Ma alla fine, l’esperienza umana ha la meglio sulla natura selvaggia. Le griglie vengono posizionate e così anche salsicce e costolette, che arrostiscono emanando un profumo che ci apre lo stomaco (più di quanto non lo fosse già). Pomodori tagliati e conditi, sono destinati a farcire panini e bruschette. Non manca davvero nulla, nemmeno dell’ottimo vino ad accompagnare la carne e riscaldarci, in una sera fin troppo fredda per essere solo alla metà di agosto. Condividiamo questa bella cena insieme alle parole e le risate spensierate, raccolti intorno al fuoco, sotto un invidiabile cielo stellato.

Prima di tornare su a rimirar le stelle, Domenico ci mette in guardia sul freddo indesiderato, proponendo in alternativa di sostare in un punto meno elevato. Io suggerisco di salire comunque, perché una cosa tanto bella non capita tutti i giorni e, riguardo al freddo… ce ne faremo una ragione. Le ultime parole famose…
Torniamo in vetta e ci posizioniamo alla bell’e meglio, anche se gli escrementi di pecora disseminati lungo l’intera superficie come la carie su un dente, non ci rendono le cose semplicissime. Altri escursionisti hanno già montato la tenda, pronti a ripararsi dal freddo, che a breve si sarebbe fatto piuttosto pungente. Ascoltiamo con attenzione la lezione astronomico/mitologica di Domenico (adesso so come rintracciare la stella polare. E se pensate che sia quella più grande e luminosa, vi sbagliate di grosso!), dopodiché ci prepariamo per la notte. E qui iniziano i dolori!
Qualcuno preferisce recarsi al riparo dell’accampamento. Io invece resto in vetta, pensando che non avrebbe avuto senso ridiscendere per poi risalire nuovamente all’alba, considerato che ormai mancano poche ore. Quanto mi sono sbagliato!
La temperatura in poco tempo cala vertiginosamente e, mentre gli altri si equipaggiano con sacchi a pelo e coperte pesanti, io metto su la mia leggerissima giacca a vento e mi infilo in una copertina estiva, che si lacia tranquillamente attraversare dalle folate di vento gelido, indubbiamente più invernali che estive, come se avessimo fatto un salto temporale in avanti di 4-5 mesi. L’escursione termica mi coglie di sorpresa. E mentre tutti gli altri se la dormono beatamente, io mi raccolgo in posizione fetale cercando un modo per riscaldarmi e dannandomi per la mia incoscienza.

Di escursioni finora ne ho fatte tante, e credevo che anche stavolta non avrei avuto il minimo problema. Ma non ero preparato né debitamente equipaggiato per affrontarne una in notturna. Soprattutto, non avrei mai immaginato che nel bel mezzo di una torrida estate, sarei finito a battere i denti per il freddo. Eppure, è andata esattamente così. Ironico, non è vero? Di sicuro, non commetterò lo stesso errore per una seconda volta. Ma almeno, mi sono goduto il cielo notturno e le stelle. Seppur, a ogni stella cadente, i miei desideri si riducevano al fuoco caldo e scoppiettante di un caminetto e al comodo e riparato letto di casa mia.

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Tramonto

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Alba

Alle 5.00 del mattino, notevolmente provato dalla notte all’addiaccio e non avendo minimamente chiuso occhio, non posso fare altro che alzarmi e volgere per primo lo sguardo verso l’alba imminente. La levataccia è valsa tutta la sofferenza della notte e, il sopraggiungere del tanto atteso e desiderato sole, a poco a poco dirada il freddo che mi attanagliava fin dentro le ossa.
Mai vista un’alba così spettacolare. Ho sfiorato la bronchite, forse addirittura l’assideramento (esagerato! 😀 ). Ma non mi pento affatto di aver vissuto un’esperienza simile, anzi, il dolore è stato forse la giusta moneta di scambio per una visione così celestiale. Perché, si sa, la salita al paradiso non è mai facile, e le insidie sono sempre dietro l’angolo. Ma ciò che conta è il premio finale.

Unico.

Irripetibile.

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