Liquori campani da portare in tavola

Come si può rinunciare a un buon digestivo, dopo un pantagruelico pranzo o un’abbondante cena? Se siete in giro per la Campania, mettete da parte i vari “Brioschi & co.” o le solite etichette pubblicitarie, e godetevi piuttosto un buon liquore artigianale.

Oggi non parlerò del limoncello, ormai noto a tutti, in Europa fin’oltreoceano, essendo da sempre un’eccellenza campana, l’oro liquido della terra che mi ha dato i natali. Anche perché, non saprei consigliarvene uno che eguagli il gusto e la freschezza di quello fatto in casa dalla mamma. Ahhh, la mamma… 🙂

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Vi illustrerò piuttosto novità e specialità scoperte durante i miei viaggi nel “Paese d’o Sole”. Premetto che non sono mai stato un gran bevitore, ma queste prelibatezze hanno di certo ottenuto la mia attenzione. Perciò, state in campana. O meglio, state in Campania! 😉

Se il limoncello sorrentino è stato di vostro gradimento, concedetevi anche un assaggio di meloncello. Il suo gusto fruttato e la sua cremosità vi stupiranno. Il nome, anche in questo caso, deriva dal tipo di frutto utilizzato, precisamente il melone cantalupo. L’ho scoperto diversi anni or sono nei dintorni di Gragnano, la celebre patria della pasta. Il meloncello, da allora, ha avuto una rapida diffusione. Quindi, al giorno d’oggi, potete trovarlo un po’ ovunque entro i confini del territorio campano.

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Il finocchietto? Be’, quello lo servono praticamente ovunque. Personalmente, lo evito come la peste. Non me ne vogliate ma, quando me lo propongono al ristorante, non riesco a trattenermi dall’esprimere una smorfia di dissenso. Pur riconoscendone il valore e la qualità, non sono mai riuscito ad apprezzarlo particolarmente… fino a quel fatidico incontro con Nonna Anna.
Ero andato a una sagra nel salernitano, quando una ragazza mi propose di assaggiare Monna, il finocchietto selvatico di Nonna Anna. Stavo per passare oltre, suggerendole di non perder tempo con me, dal momento che io e il finocchietto non eravamo in ottimi rapporti. “Tu provalo e poi mi dirai”, fu la sfida che mi lanciò. E non potevo tirarmi indietro dinanzi a un simile invito.
Accostai il bicchierino alla bocca ostentando scetticismo, quando, tutto d’un tratto, le mie papille gustative esplosero di piacere.
Da allora non riesco a farne a meno, e son costretto a ordinare la mia “dose” periodica. Se vi ho fatto incuriosire, potete trovarlo QUI.

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Vi ho già accennato riguardo l’Amaro Teggiano, in quest’articolo. E non posso che decantare ancora una volta le lodi di questa magnifica creazione di Enzo Sorbo. L’infuso di erbe naturali del Vallo di Diano resta tutt’ora il mio preferito, perché oltre ad essere squisito, si abbina veramente a tutto, ed è pratico e versatile, anche nella preparazione di dolci. Il liquore rende omaggio al paese in cui è sorto, un meraviglioso borgo che vale assolutamente la pena visitare. Ma sappate che, se non avete modo di fare un salto da quelle parti, potete sempre farvelo spedire a casa. Vi basta visitare questo SITO, dove troverete anche altre specialità teggianesi, come il Lux Dianensis, l’elisir al mirtillo che rende omaggio a San Cono, Patrono e Protettore di Teggiano, oggi disponibile nella nuova versione con uvetta sultanina e fichi del Cilento lasciati a macerare nel liquore originale.

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E se l’Amaro Teggiano non vi sembra abbastanza “amaro” per il vostro palato, potete sempre rifarvi la bocca con il suo illustre successore, il Signore di Diano. Ma affrettatevi, perché è ad edizione limitata.

 

Ed è sempre andando in giro per sagre che, proprio di recente, nel beneventano, ho fatto un’altra scoperta sensazionale. Avevo adocchiato questo stand a decine di metri di distanza, restando colpito dallo sgargiante colore arancio che, inizialmente, mi aveva tratto in inganno facendomi pensare alle pesche; poi, ho scoperto che si trattava di una particolare qualità di albicocca, coltivata alle pendici del vesuvio: l’Albicocca Vesuviana “Pellecchiella”. Ed è così che ho scoperto la linea di prodotti Persicum dell’azienda Duca del Monte di Antonio Giordano, sita per l’appunto in uno dei paesi vesuviani dove la dolcissima albicocca viene coltivata e lavorata per dare vita a questi eccezionali prodotti, dalla confettura al succo di frutta, passando per un curioso quanto audace “chutney” da gustare in svariati modi, per arrivare infine al vero protagonista in tema con l’argomento: la Crema di Albicocca Vesuviana Pellecchiella, un tripudio di gusto, da consumare freddo o ghiacciato alla fine di ogni lauto – o meno lauto – pasto.
Sul SITO dedicato, trovate tutte le informazioni che vi servono su questi ottimi prodotti, nonché i luoghi in cui potete farne incetta.

crema di albicocca Pellecchiella
Questa è la mia proposta per quanto riguarda le liquorose specialità campane. L’elenco da stilare, in realtà, sarebbe molto più esteso. Ma ho agito secondo il mio gusto, limitandomi a ciò che di più mi ha colpito. So che ci sarebbe tanto altro da illustrare, e tanto altro aspetta ancora di essere scoperto. Pertanto, la ricerca continua…
Per ora, non mi resta che brindare alla mia e alla vostra salute, senza dimenticare un bel brindisi alle eccellenze della mia terra.

Cin-cin!

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